venerdì 16 marzo 2007

i suoi capelli

I capelli ricci e voluminosi erano fili d'oro adagiati morbidamente su un cuscino di piume d'oca, lì sinuosi e invitanti da annusare e bere come elisir di eros infinito. La immaginò così non appena la sua voce bassa al telefono gli disse che era a casa e che inaspettatamente suo marito era uscito per andare a pesca. Si scaraventò fuori dalla sua stanza non appena avvertito. "Ciaoooooo", urlando distratto verso i genitori immobili sdraiati sul divano a guardare la tv...acchiappate le chiavi, girata la maniglia,il giubotto ancora indossato solo per un braccio, chiusa la porta, il tutto in pochi istanti senza che papà e mamma potessero rispondere al saluto e capire cosa stesse succedendo. Subito l'altro braccio a indossare il giubbino poi ansimando verso l'ascensore...occupato, non poteva star lì ad aspettare, troppa voglia e adrenalina, quindi giù come un tuono, le scale non esistevano ,se avesse potuto si sarebbe lanciato giù da una finestra. I piedi veloci e imperterriti trovatisi in strada si affrettavano uno davanti e un dietro e viceversa, velocissimi, le mani sudate, gli occhi sulle vetrine e sui volti dei pedoni, sulla strada quasi deserta,sulle finestre dei palazzi, sui pochi locali aperti con un rif di chitarra che si riusciva quasi a distinguere in lontananza, su dei cani randagi vicino a dei cassonetti della spazzatura, e poi proprio davanti a lui, con le pupille fisse su ogni singolo sanpietrino ,che diviso l'uno dall'altro da strette fughe piene di calcestruzzo ,formava un fiume grigio pedonale che si perdeva ai suoi occhi seguendo i margini della strada verso casa di colei che quella smania e questo fiume provocava. I piedi iniziarono a formicolare come addormentati e troppo riscaldati, come un motore portato al massimo dei giri non appena acceso dopo una notte passata al gelo. Il cuore iniziò a battere sulle costole come tamburo non appena la facciata baroccheggiante dell'obiettivo si fece distinguibile. Il passo se possibile diventò più veloce e prima che potesse accorgersene si trovo con il pollice sul citofono, due pressate sul pulsante persistenti e decise,in contemporanea il suono del campanello giungeva ai timpani dalle finestre lasciate aperte data l'arsura estiva fuori stagione. Quindi il portone aperto senza che nessuno rispondesse.Non poteva che essere lui. L'ascensore in quel vecchio palazzo nobiliare, con i tetti alti e i muri spessi e l'aria d'improvviso fresca, non esisteva invece, quindi le scale divenirono strada obbligata e ultimo sfogo per guadagnare istanti, carezze e sospiri. La porta era aperta. Giunto sull'uscio, nel grande salone d' ingresso non c'era nessuno se non un nero gatto sulla poltrona rossa, proprio sul fondo della stanza. Lui chiuse la porta senza rumoreggiare troppo, avendo cura di accostare i battenti come se si baciassero morbidamente. Rifiatò un momento immergendosi in quel silenzio e nell'aria incensata, nel profumo di zagara, nella semioscurità rotta solo da angoli di luce fioca delle candele posate qua e là, socchiuse gli occhi mentre si sfilava il giubotto lasciandolo cadere sul pavimento dietro di lui. Poi in pochi secondi era sul corridoio che portava al cuore della casa, chiuse gli occhi ancora, cerco di sentire il suo odore, continuò ad avanzare annusando e con le braccia in avanti per ascoltare anche eventuali ostacoli solidi, sulla sua destra annuso chiari detersivo e frutta di stagione e il rumore di un motore, quello del frigo, era la cucina. Ancora tre passi avanti senza odori poi subito ed inaspettato e caratteristico, come impareggiabile cocktail di diversi odori, si sentiva ciliegia sotto spirito dalla sua pelle,amarena dalla bocca,fiori d'arancio dai capelli boccoluti, anice e cannella in sottofondo e anche menta. Era lei senza dubbio. Aprì gli occhi lentamente, sentendo quasi doloroso e rumoroso il distacco delle palpebre per accogliere la luce e lasciar svanire quel bouquet di profumi. Sull'angolo appoggiata ad uno dei battenti della porta bianca ,che portava alla camera da letto .lei sorridente, con occhi frementi e corpo morbido. Lui attese forse due o tre secondi in silenzio, poi l'avvinghiò con le sue braccia come branche sulla preda, baciandola sul collo, sulle gambe ,mordendola, assaporandola quasi per mangiarla, con la saliva come a ricoprirla in un rigurgito di possesso animalesco.Durante la danza del letto non esisteva più nulla, si scatenava la bufera fischiando per la stanza.Grandinava e fioccava in abbondanza.Come una febbre il volto sofferente e sudato.La mordeva tutta. La succhiava.Germogliavano nella stanza i semi di quel desiderio.La natura si sfogava e ritornava il sereno.I corpi dei due morti l'uno sull'altro, ansimanti come fiumi dopo la tempesta.Tutto di nuovo delettrizzato.